Lavoro a casa a tempo pieno. Sono una delle tante mamme con partita iva. Ufficialmente lavoro da casa da settembre, ma chi è libero professionista sa che una vera pausa estiva non c’è mai, quindi sono al lavoro da fine luglio. È una svolta che si sta rivelando la migliore soluzione per me e la mia famiglia.
Mettersi in proprio non è una scelta
Come sono arrivata al lavoro da casa? Non è semplice rispondere senza raccontare troppo del proprio mondo personale, ma qualcosa devo precisarlo: non è stata una scelta mia fin dall’inizio. L’idea di lavorare come freelance mi è sempre piaciuta ma il mio lavoro era in un ufficio. Ho iniziato senza orari, sono passata alle otto ore lavorative quando mi sono sposata e al part time quando sono diventata mamma. Stavo fuori di casa otto ore, tra lavoro, viaggio e pausa pranzo. Erano troppe per chi non ha aiuti e ha due figli. L’azienda in cui lavoravo era entrata in un periodo di crisi e io non volevo trovarmi nella liquidazione. Con la nascita del secondo figlio ho iniziato a pensare al piano B.
Inventarsi un piano B
Nei miei progetti il piano B consisteva nel crearmi una attività secondaria da avviare nel tempo libero. Mi ero fissata un tetto da raggiungere: quando fossi arrivata a un certo fatturato avrei lasciato il lavoro in ufficio e mi sarei dedicata solo a quello. Non era un importo alto, ma stare a casa mi permetteva di risparmiare sui costi dei mezzi per andare al lavoro, sul prescuola, sui centri estivi e altri costi che avevo. Nei primi due anni ho studiato gli e-commerce, i piani di vendita a piramide, le attività di vendita con affiliazione, poi sono arrivata al blog. Da quando ho scoperto il mondo del blog non l’ho più lasciato e il mio progetto ha preso un piega decisa: volevo diventare una blogger. (N.B.: Ho aspettato che fosse il momento giusto per lasciare un’azienda che mi ha comunque dato lavoro per vent’anni, questo momento è arrivato quando l’uscita dei soci l’ha messa in crisi e pian piano ha chiuso; per quel tempo il mio fatturato era ben oltre il doppio).
Primi passi da blogger
Le miei prime esperienze da blogger le ho già raccontate altre volte qui sul blog. Come molti altri che iniziano da autodidatta, sono passata da tutte le tappe: all’inizio era solo diario online, mi sono infuriata quando ho iniziato a vedere che mi copiavano testi e immagini e ho bloccato tutto e poi sono ripartita con l’idea giusta: se deve essere un lavoro lo gestisco come tale.
“Io lavoro a casa”
Se dici che lavori da casa, la gente ti risponde con un sorrisino, inclina la testa come si fa con i bambini e manca poco che ti dicano: “Stella! Ma è un lavoro vero?” Io odio essere chiama stella o tesoro. Ultimamene lo fanno in tanti e dovrebbero ringraziare il cielo che non ho il porto d’armi. “Fai la casalinga? Quindi sei disoccupata? In che senso lavori da casa?” Tutta questa gente di larghe vedute ha diritto di voto alle elezioni, questo è il mio unico pensiero. Dopo aver provato a spiegare le professioni del web, sono giunta alla conclusione che con certa gente sarebbe se dicessi che traffico soldi falsi: li sconvolgerei di meno.
“Allora ti mando mio figlio!”
Una volta che hanno sentito tutta la spiegazione su cosa fa un blogger (non è vero, per tagliare corto uso ogni volta un nome diverso: content creator è quello che va per la maggiore) e aver precisato che ho la partita iva quindi sarebbe un lavoro serio che mi dà uno stipendio più alto di prima, la gente ti guarda con il solito sorrisino di commiserazione e decide che: “Allora ti mando mio figlio!” Perché è chiaro che se lo puoi fare tu, lo può fare anche mio figlio perché “sta ore attaccato al telefono”. Cosa rispondere? “Se ha una preparazione sui contenuti Seo, ben venga, altrimenti anche il mio caricabatterie sta ore attaccato al telefono.” Temo che non vincerò il primo premio per la gentilezza.
Dopo un mese di lavoro a casa capisci che…
Un mese filato di lavoro a casa l’ho già fatto. Nel frattempo ho zittito tutti quelli a cui ho raccontato che non vado più in ufficio (prometto di cancellare la lista nera con i nomi di chi ci ha riso sopra come fioretto per Natale). È un lavoro punto e basta, se insistono li smorzo con il totale della mia dichiarazione dei redditi così si convincono. È una reazione acida ma funziona: fare la blogger è un lavoro che la gente se ne faccia una ragione. Comunque dopo un mese di lavoro a casa ho capito che:
- quelle due ore sui mezzi erano una vera enormità di tempo che adesso uso in tanti modi diversi
- mi basta poco per tenere la casa perfettamente pulita e in ordine: non lo nascondo, prima non era facile e mi riducevo a farlo nel week-end
- non mi fanno più paura gli imprevisti: se qualcuno ha bisogno di essere accompagnato dal dentista a metà mattina non mi crea nessun problema con il lavoro
- la pianificazione ha finalmente un senso: posso gestire il mio lavoro in modo da essere sempre avanti con le tabelle di marcia e gestire il tempo più liberamente
- posso finalmente essere libera di vestirmi nello stile che voglio: non pensate al pigiama h24, ma a leggings che in ufficio non erano ammessi, scarpe fitness, abitini che finalmente nessuno giudica (in alcuni ambienti di lavoro la libertà nel vestire è molto limitata, credetemi).
Quello che è il motto del blog da un po’ di tempo, sta diventando l’argomento principale: crescere bene e vivere meglio. Serviva una scelta drastica per avere il tempo da dedicarci.
Se volete sapere come sono arrivata fin qui, potete leggere:
- Rilanciarsi nel lavoro con un blog. Come si passa da hobby a professione?
- Come ho avuto il part-time dopo la maternità
- È il momento del piano B
Elena Valli dice
Bravissima
Sara dice
Ciao! Mi interessa molto la tua storia! Anche io ho un progetto che mi sta frullando in testa e tanti tanti pensieri e dubbi. Attualmente lavoro a tempo indeterminato in un’azienda e, come te, prima di fare il grande salto e diventare freelance al 100% vorrei essere cerca di fatturare un minimo. Da qui il mio dubbio. Tu hai quindi aperto partita Iva mentre avevi un lavoro dipendente? É fattibile? Il mio terrore è che sia finanziariamente massacrante.
Daniela - QUESTO POST POTREBBE CONTENERE LINK AFFILIATI dice
Ciao, Sara. Aprire la partita Iva era indispensabile per fatturare i guadagni del sito che non possono essere regolarizzati con ritenuta. Inizialmente ho aperto partita iva nel regime dei minimi, con un costo annuo molto ridotto. Ho potuto aprire la partita iva pur essendo dipendente perché riguardava un ambito lavorativo diverso e avevo un contratto part time. Fissa un appuntamento telefonico con l’agenzia delle entrate, spiega la tua situazione, sono molto gentili e competenti. I consigli che ti daranno serviranno per farti una idea più precisa, poi avrai bisogno di un commercialista per entrare in dettaglio.