Le poesie sulla Shoah che sono state scritte da persone che l’hanno vissuta riescono a spiegare l’Olocausto, la paura di essere espulsi e liquidati, il dramma della persecuzione degli Ebrei. Il potere della poesia aiuta non solo a spiegare la Shoah ai bambini, ma a immedesimarsi nella vita di quelle persone e a compiere quella riflessione che tutti dovremmo fare nel Giorno della Memoria.
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Se questo è un uomo di Primo Levi
Chi ha visitato Auschwitz sa che questa poesia sulla Shoah è stata scritta sulla parete principale dell’edificio in cui hanno soggiornato molti deportati italiani.
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
C’è un paio di scarpette rosse di Joyce Lussu
L’autrice parte dell’immagine di un paio di scarpe da bambino piccolo e racconta la Shoah da uno dei punti più drammatici: la liquidazione.
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’ eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Aprile di Anna Frank
Il Diario di Anna Frank è uno dei libri sulla Shoah che raccontano i giorni in cui molte famiglie ebree erano costrette a nascondersi per sopravvivere.
Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere Felice.
La Farfalla di Pavel Friedman
Friedman racchiude nella poesia la vita da esclusi nel ghetto di Terezin dove molti bambini continuarono a seguire una scuola organizzata dalle famiglie dopo che la scuola ufficiale di aveva espulsi. Il ghetto è luogo grigio ai suoi occhi, così triste che non ci sono nemmeno le farfalle.
L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
L’ultima
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto: i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere del castagno
nel cortile.
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Filastrocca della memoria di Giuseppe Bordi
La rima attutisce il peso delle parole ma la descrizione dell’Olocausto è fatta di parole forti, condizione indispensabile per descrivere quegli anni.
Filastrocca della memoria
per ricordare una brutta storia
scritta con inchiostro infausto:
la pagina nera dell’Olocausto.
Un uomo folle prese il dominio
e calò la scure dello sterminio.
Uomini, donne, vecchi, bambini
bruciarono in fretta come cerini.
Sogno che bruci ogni razzismo
dentro il fuoco dell’altruismo,
sogno la nascita di nuovi ideali
dove gli uomini son tutti uguali.
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27 gennaio di Giuseppe Bordi
Oggi è il giorno della memoria
per imparare dalla storia
a non ripetere certi errori
a non rivivere certi orrori.
Vagoni merce pieni di gente
sguardi fissi, pieni di niente
quella paura di essere nato
nella prigione di filo spinato.
Racconterò a chi non lo sa
l’accanimento senza pietà
per cento volte con pazienza
ché non vinca l’indifferenza.
Racconterò ad ogni bambino
che è padrone del suo destino
che non ci sono razze speciali
che tutti gli uomini sono uguali.
Non dimentichiamo di Jolanda Restano
La lacrima che lascia la guancia bagnata
non deve essere dimenticata.
Il dolore che lascia il corpo sfregiato
non deve essere dimenticato.
Le baracche, il freddo, i corpi denutriti
non devono essere dimenticati.
Gli occhi dei bambini,
le grida, i silenzi,
i volti oltre i fili spinati
non devono essere dimenticati.
Perché se dimentichiamo questo dolore,
se chiudiamo occhi e orecchie al dolente ricordo,
rischiamo che l’orrore possa ripetersi.
C’erano uomini di Maria Ruggi
C’erano uomini, donne e ragazzini
c’erano vecchi e mamme con bambini.
C’erano lacrime e ricordi di vite già lontane
c’erano dolori, miserie e violenze disumane.
C’erano punizioni, lavori forzati e soldati
c’erano silenzi, uomini sporchi e malati.
C’erano eserciti, fili spinati e fredde prigioni
c’erano divise, numeri incisi ed esecuzioni.
C’erano stenti, fame e malattie
c’erano ghetti, campi ed epidemie.
C’erano pensieri ed esistenze troppo corte
c’erano attese palpitanti in promesse di morte.
C’erano cuori spezzati da addii definitivi
c’erano visioni di tramonti per quelli ancora vivi.
C’erano vergogne appese a un intelletto violento
ma anche sogni e speranze fino all’ultimo lamento.
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