Le colleghe cattive ai tempi dei social hanno un’arma in più: usare la tecnologia per metterti sempre più in difficoltà. Se tutto il mondo digitale per te è ancora nuovo e impervio, le colleghe cattive ti faranno sentire inutile sul lavoro. Le colleghe cattive sono spesso senza figli, più giovani di te e passano il tempo a farsi i selfie. Non sei passata di moda, anzi hai una carta importante da giocare proprio come ha fatto Imogen, la protagonista del libro All’inferno non c’è glamour.
Il sorpasso delle giovani colleghe
Forse sarà capitato anche a voi di vedervi mettere da parte sul lavoro. Capita spesso alle donne che rientrano al lavoro dopo la maternità. I figli hanno la proprietà, si è costrette a chiedere permessi per accudirli e non si può dare disponibilità oltre l’orario perché ci sono i bambini da prendere a scuola. È la storia di Imogen Tate che torna al lavoro dopo una assenza per malattia (tumore al seno).
In tutto l’ufficio Imogen è l’unica ad avere figli. Le colleghe più giovani sono più elastiche negli orari, possono anche dormire in ufficio, ma soprattutto sono al passo con il mondo digitale. Sanno usare i social come serve alla redazione della rivista di moda per cui lavorano, anche sei poi passano il tempo a farsi i selfie con la bocca a cuore. Imogen si sente inutile, vecchia anche se non lo è, vorrebbe imparare ma la escludono. Lei che era una caporedattrice famosa si vede superare dalle colleghe più social.
Avere l’età dei social
La storia di Imogen non è diversa da molte altre che tutti sentiamo spesso nel nostro lavoro. C’è sempre un collega più tecnologico che va avanti, anche se il risultato pecca di maestria. Diciamolo, non tutto ciò che piace ai social incontra il consenso generale, spesso diventano virali delle immagini davvero brutte o storie mal gestite. In tutti i settori si sente l’ansia di mettersi in pari con la tecnologia. In parte è un bene, ma più spesso si tratta di creare contenuti per riempire una pagina, prendere like, magari con battute di basso livello.
È davvero finita l’era delle cose fatte ad arte? È proprio vero che il futuro dei ragazzini che fanno video senza né arte né parte? No, l’arte e l’esperienza avranno sempre il loro peso. Nel momento in cui Imogen capisce come usare i social in modo elegante conquista tutto e non c’è più ragazzina improvvisata fashion blogger che le si metta al pari.
Libro: All’inferno non c’è glamour
È stato descritto come una versione di Il diavolo veste Prada con le posizioni invertite. Quella che vive solo per il lavoro è la collega più giovane, mentre il capo (Imogen) vorrebbe che la sua rivista di moda restasse fedele alla classe e alla cura dei dettagli che ha sempre avuto. Tra loro è scontro impari usando l’abilità tecnologica come arma di attacco.
Si parla di vendersi al digitale come di vendere l’anima al diavolo e forse per qualcuno è davvero così, ma c’è ancora spazio per chi lavora bene come Imogen che mettendo a frutto la propria esperienza capirà come dominare la collega arrivista e trovare il suo modo di usare bene i social. Come fa alla fine Imogen a sconfiggere le colleghe? Con classe ed eleganza, usando proprio quel savoir faire nei rapporti umani e nella cura dei dettagli che nel mondo delle giovanissime sempre un di più inutile e obsoleto.
Consigliato a chi:
- ama la moda e tutto il mondo delle riviste
- si occupa di fashion o di blog
- si crede influencer (non vogliatemente ma c’è una scena in cui le influecer autoproclamate tali fanno una gran brutta figura)
- si sente escluso dal mondo digitale
- ha delle colleghe single molto acide
- non cederà mai a farsi un selfie con la bocca a cuore (come me!)
All’inferno non c’è glamour
di Lucy Sykes e Jo Piazza
Piemme
Elena dice
Molto interessante, questo lo leggo
Daniela - QUESTO POST POTREBBE CONTENERE LINK AFFILIATI dice
Spero ti piaccia