
Se qualcuno oggi mi chiedesse qual è la dote più importante che voglio insegnare ai miei figli, risponderei senza esitazione: non arrendersi mai. Come si fa veramente a spiegare a un ragazzo come superare i momenti difficili? Resilienza è una parola di cui ormai sono stufa, preferisco parlare di coraggio e nervi saldi. Ogni volta che leggo sui giornali un caso di cronaca che coinvolge ragazzi in pericolo, mi chiedo se sono stata capace di insegnare ai figli ad avere coraggio.
Finalmente si è conclusa la vicenda dei ragazzi thailandesi nella grotta. Quando hai due figli nell’età dei ragazzi coinvolti, segui le notizie come se fossero figli tuoi. A dire il vero quando si tratta di eventi che coinvolgono bambini, li sento sempre figli miei. Ogni comunicato stampa su come avrebbero fatto a salvare i ragazzi mi riempiva di domande: avrò insegnato abbastanza ai miei figli? I miei sanno nuotare sufficientemente bene? Il loro livello di inglese gli consentirebbe di capire cosa dicono i soccorritori? La domanda più difficile era un’altra: gli ho insegnato a non arrendersi mai?
Oggi si parla dei ragazzi nella grotta in Thailandia, ma tempo fa mi sono posta le stesse domande quando ci sono stati i terremoti, le slavine che hanno bloccato Rigopiano, le inondazioni. Non puoi sapere cosa ti riserva il destino. Le tragedie non sempre sono prevedibili, ma tutto quello che si può fare in anticipo è preparare il carattere. Ricordo ancora quella nonnina di 98 anni che è resistita 30 ore sotto macerie de L’Aquila facendo l’uncinetto. Storia simile quella del ragazzo sopravvissuto 27 giorni sotto le macerie di Haiti.
Capacità di resistere
Cos’hanno imparato queste persone che io devo insegnare ai miei figli? Dove hanno imparato a non arrendersi mai, a resistere, a non perdere la testa nei momenti difficili? Non posso crescere dei ragazzi pensando di prepararli alle catastrofi naturali, è ovvio che sarebbe poco razionale, ma la forza d’animo ti serve per resistere chiuso in una grotta tanto quanto per sopportare una malattia seria, un periodo di crisi economica, quando perdi il lavoro o la ragazza. Sappiamo tutti che per ognuna di queste voci potremmo trovare esempi finiti male tra le notizie di cronaca.
Potere della meditazione
La meditazione serve nei momenti difficili? In molti si sono chiesti come abbiano fatto questi 12 ragazzini thailandesi a resistere così a lungo nel buio della grotta senza cibo e con la minaccia del livello dell’acqua che saliva. Quando ho letto che avrebbero fatto uscire i più coraggiosi, come mamma ho avuto i brividi. Mi sono immaginata i genitori fuori dalla grotta a chiedersi se erano riusciti a insegnare ai figli a essere coraggiosi abbastanza per superare quella prova. Gli eventi sono andati al contrario alla fine, facendo uscire prima chi era in condizioni fisiche più critiche e tenendo per ultimi i più coraggiosi. Ho cercato gli articoli che raccontavano come avessero resistito così a lungo e ho letto che l’allenatore che era con i ragazzi ha insegnato loro la meditazione.
“Ek ha insegnato la melina della meditazione imparata da bambino a Lamphun, nei monasteri Theravada del profondo Sud: contemplate il vostro respiro, guardate la vostra mente, digerite il vostro stomaco, ignorate la vostra fame… È servito: addio ansia, i soccorritori inglesi sono rimasti stupefatti a trovare dopo undici giorni ragazzi così tranquilli, gentili, sorridenti perfino.” (Fonte: Corriere della Sera)
Altri modelli educativi
Proprio perché la vicenda dei ragazzi thailandesi è finita bene, possiamo permetterci di riflettere sull’accaduto e cercare di imparare qualcosa. Giorni fa il Bangkok Post ha pubblicato un articolo con tono di denuncia su cose che “è ora di insegnare ai bambini”: nuotare, parlare inglese, potremmo aggiungere anche leggere i cartelli (ce n’era uno fuori dalla grotta che vietava l’accesso) e lanciarsi in avventure pericolose solo con persone esperte. Se queste sono critiche a un modello educativo che non ha tenuto in stato di crisi, c’è invece un elemento che si è rilevato determinante per il successo: l’allenatore aveva imparato la meditazione durante il tradizionale soggiorno formativo in un monastero. In Thailandia i ragazzi di 17 anni hanno possibilità di trascorrere un periodo di tre mesi con i monaci buddhisti per imparare la meditazione. Si chiama Vassa il periodo di ritiro con i monaci durante la stagione delle piogge.
Che sia con una formazione spirituale o laica, la meditazione è una pratica che forse dovrebbe considerare anche nei nostri progetti educativi.
Bellissimo articolo, brava Daniela! Come mamma condivido in pieno i tuoi interrogativi.. questo aspetto della meditazione mi è sfuggito nei giorni concitato del salvataggio. Ne parlerò ai miei figli che conoscono la meditazione ma nn sempre la applicano. Grazie!