Molto tempo fa ascoltavo un talk show in cui si commentava la reazione eccessiva di una persona ai tempi molto famosa. Era una ragazza resa velocemente celebre da una trasmissione di successo che aveva dimostrato di non essere in grado di affrontare molte difficoltà emotive. Uno degli ospiti del talk show commentò dicendo che quella ragazza “non aveva gli strumenti per affrontare le emozioni”. Detta così era una osservazione abbastanza curiosa o per lo meno non immediata da comprendere. Sarebbe bello se esistessero cacciaviti e chiavi inglesi in grado di aprire il cuore di chi vogliamo o zuccherini magici per addolcire chi ci è ostile, ma non era di questo che si stava parlando. E’ stata una delle mie prime ricerche come mamma: capire come potevo dare ai miei figli quegli strumenti che li avrebbero tenuti in piedi nella tormenta. Non è la prima volta che ne parlo, infatti, ma alla lista dei libri da leggere oggi posso aggiungere un film o almeno l’idea che mi ha suggerito.
Il film in questione è “Oltre la lavagna” in cui si narra la storia di una insegnante molto determinata che lavora in un centro per famiglie con disagi economici. Il suo compito è istruire quei bambini per il tempo in cui rimarranno nel centro. Lei combatte per il diritto allo studio di questi bambini indipendentemente dalle possibilità economiche delle loro famiglie.
E’ una storia vera, l’impegno e la lotta di questa donna hanno cambiato una legge americana. E’ un bel film da guardare anche con i bambini. Ognuno di questi ragazzini del film ha la sua storia e come si può immaginare non vengono da vite semplici e dorate: perdono la casa, alcuni non vedono più i genitori, si sentono emarginati. Uno dei primi compiti che svolgono con l’insegnante è un grande pannello in cui scrivono gli aggettivi che descrivono le emozioni.
Ci sono tanti progetti per spiegare ai bambini le emozioni, ma questo mi sembrava più vicino di altri alle occasioni quotidiane. Spesso le emozioni spiegate ai bambini stanno sulle dita di una mano: rabbia, amore, felicità, tristezza, invidia. Un bambino anche piccolo ne sperimenta di altre e compito del genitore è aiutarlo a dare un nome al suo stato d’animo. Recuperando foglietti colorati dalle pubblicità nella casella della posta abbiamo realizzato un albero su un foglio grande, incollando insieme due pagine. Dai foglietti abbiamo ritagliato tante piccole foglie colorate o ogni sera raccontando come era andata la giornata abbiamo scritto gli aggettivi che descrivevano meglio l’atteggiamento nostro, di compagni, colleghi o amici. Ho usato la parola atteggiamento non a caso, perché mentre cercavamo le definizioni corrette mi sono trovata tante volte a spiegare che era una reazione momentanea di quelle persone, che potevamo comprenderle e che un atteggiamento non è il carattere di una persona.
Mi sono stupita del successo che ha avuto questo lavoro fatto insieme. E’ durato poco più di un mese e abbiamo smesso quando non c’era più spazio. Erano i bambini stessi a cercare le parole da scrivere e ogni sera me ne volevano suggerire una nuova. Speriamo di non aver imparato solo tanti nuovi vocaboli.
Francesca dice
Daniela che emozione in questo articolo. Penso che riuscire a donare ai nostri figli la capacità di “dare un nome alle cose”, che siano emozioni o semplici oggetti, sia una delle cose più importanti che possiamo fare. Aiuta secondo me anche a fermarsi, a concentrarsi, a riflettere… Bellissimi suggerimenti. Grazie!
Daniela dice
Grazie!
MP dice
Davvero un’idea straordinaria, complimenti
. Provero’ a mettere in pratica anch’io!
Daniela dice
Se lo fate, mi mandate la foto o il link?
Federica MammaMoglieDonna dice
bello, molto carino!
Ilona dice
Da che età lo consiglieresti?