Le Loose Parts (letteralmente “parti sciolte”) che conosciamo anche come materiale non strutturato fanno parte da sempre del gioco spontaneo dei bambini. L’introduzione delle loose parts in ambiente educativo e i relativi benefici sono stati studiati solo tempi relativamente recenti. Il primo a parlare di loose parts è stato Simon Nicholson, un architetto inglese, che ne spiegò i benefici all’interno del suo celebre articolo sulla creatività. L’articolo è stato pubblicato nel 1971 con il titolo “How not to cheat children: the theory of loose parts” (“Come non tradire i bambini”) e si trova ancora online.
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Storia delle loose parts
Pur essendo stata riconosciuta a Nicholson la paternità delle loose parts, i materiali erano già presenti negli spazi gioco e erano anche già stati inseriti in alcuni testi pedagogici. Molti approcci educativi, come Montessori e Steiner Waldorf, avevano già portato l’attenzione sulla necessità di esperienze di vita reale per favorire l’apprendimento di competenze. A Nicholson va riconosciuta una presa di posizione sulla necessità di creare ambienti veramente a misura di bambino che rispondessero alle richieste dei bambini.
Piaget e il gioco come apprendimento
Jean Piaget ha spiegato l’importanza dell’apprendimento tramite il gioco definendolo il “lavoro dell’infanzia”. Oltre a dare molta importanza all’esperienza diretta e a facilitare le occasioni in cui i bambini potessero imparare dalla realtà, sosteneva che “impariamo di più quando dobbiamo inventare”.
Creatività per pochi o per tutti?
La teoria delle loose parts espressa da Nicholson si basa sulla possibilità di rendere possibili a tutti sperimentare la creatività. Nicholson denuncia l’idea preconcetta che la creatività sia una qualità riservata a pochi eletti, che ne sono dotati dalla nascita. Gli altri più sfortunati sono condannati ad ascoltare la musica composta da questi talenti, a leggere i libri scritti dai pochi dotati di creatività, ecc. La conseguenza di questa idea è che la maggior parte delle persone è considerata esclusa a priori dal mondo creativo e privata di una potenzialità che potrebbe invece migliorare la loro vita.
La creatività nel mondo dei bambini
Vediamo il riflesso dell’idea preconcetta di creatività anche nei giochi permessi ai bambini quando si trovano davanti un mondo di possibilità ristrette. Se i bambini non possono scoprire e sperimentare con i materiali che li circondano, vengono tarpate le ali alla loro curiosità, al piacere di inventare e costruire di cui invece hanno bisogno. Mentre non c’è conferma che la creatività sia esclusiva di pochi, è invece ampiamente dimostrato che i bambini amano giocare con tante cose che spesso invece non troviamo negli spazi dedicati a loro. Nicholson, come architetto, si occupava di parchi giochi e aveva già scritto un saggio intitolato “Cosa insegna il parco giochi?”.
Un ambiente a misura di bambino
Un ambiente che veramente favorisce lo sviluppo del bambino deve permettergli di inventare e modificare i suoi spazi, fornire materiali per conoscere e sperimentare. Ai tempi di Nicholson la maggior preoccupazione di chi studiava gli ambienti per i bambini (scuole, parchi, ospedali, ecc.) era che fossero puliti e ordinati. La maggior parte delle cose che piacevano ai bambini sarebbe stata vista come sporca e inadatta, costruendo quelle che secondo l’architetto erano prigioni e non ambienti a misura di bambino. Era importante che gli ambienti dedicati ai bambini offrissero variabili: cose che cambiano, che hanno odore, che si possono spostare, che emettono rumore, ecc.
“In ogni ambiente, sia il livello di inventiva e creatività, sia la possibilità di scoperta sono direttamente proporzionali alla quantità e qualità di variabili presenti.” Simon Nicholson
Il metodo della scoperta
L’accenno di Nicholson al principio delle variabili richiama un forte cambiamento che stava avvenendo a livello didattico sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti. Alcuni scritti pubblicati già negli anni ’60 facevano riferimento ai benefici di un metodo che mettesse la scoperta al centro dell’apprendimento. Quando nel 1966 venne pubblicato in Inghilterra il saggio Mathematics in Primary Schools di H.M.S.O. il mondo accademico lo percepì come un vero scossone. Qualcosa stava cambiando, la separazione tra educazione e ricreazione diventava sempre più sottile. L’apprendimento si spostava anche fuori dalle classi riconoscenti il ruolo formativo dell’ambiente e dei materiali proposti.
Ricerche sui benefici delle loose parts
L’introduzione del metodo della scoperta è stata accompagnata da molti studi sulle loose parts e la loro utilità in percorso di apprendimento multidisciplinare. Come le usavano i bambini? Cosa imparavano? Ne parlavano a casa o a scuola? Riportiamo qui di seguito alcune ricerche recenti eseguite per valutare l’effettiva presenza di benefici dall’introduzione di loose parts nell’ambiente dei bambini.
Children, Outdoor Play, and Loose Parts di Caileigh e Beverlie (Marzo 2018)
“I bambini hanno mostrato una serie di comportamenti sociali positivi, complessi comportamenti verbali e non verbali e vari tipi di assunzione di rischi nel loro gioco. I risultati suggeriscono che i bambini non esibiscono esplicitamente comportamenti stereotipati di genere o di esclusione dall’età mentre usano le loose parts. I risultati suggerirebbero che l’aumento delle opportunità dei bambini di utilizzare loose parts in un ambiente all’aperto della prima infanzia sosterrà i loro vari aspetti dello sviluppo in modi positivi.”
Effects of Play Equipment and Loose Parts on Preschool Children’s Outdoor Play Behavior di Maxwell, Mitchell e
Evans (2008) – Lo studio ha messo a confronto il comportamento di due gruppi di bambini in uno stesso spazio di gioco e osservato i loro comportamenti con e senza le loose parts. I ricercatori hanno annotato il tipo di giochi fatti dal primo gruppo che non aveva le loose parts, il loro modo di coinvolgere i compagni, la scelta delle attività e le competenze che emergevano. “I risultati indicano che le loose parts hanno incoraggiato il gioco costruttivo, la creazione di spazi e molto probabilmente il gioco di ruolo. Come previsto, quando le loose parts sono state rimosse nella fase di post-trattamento, ciascuna di queste tipologie di gioco è diminuita (…). La presenza di loose parts ha fatto la differenza.”
Introduzione delle loose parts negli ambienti didattici
Possiamo ipotizzare che i bambini abbiano sempre giocato con ciò che trovavano nei giardini delle scuole d’infanzia. Ciò che ha fatto la differenza è stato capire che potevano essere materiali utili e non solo giochi che facevano sporcare mani, vestiti e pavimenti. Il ruolo degli educatori doveva cambiare per scoprire le potenzialità delle loose parts e del gioco all’aperto. Ci sono stati contributi importi in quest’ottica, tra i quali: il gioco euristico di Elinor Goldschmied, l’esperienza dei laboratori di Bruno Munari e l’approccio Reggio Children di Loris Malaguzzi.
Nella scuola primaria le loose parts sono entrate negli spazi ricreativi, ma ci sono anche interessanti utilizzi nell’insegnamento della matematica. Come materiale estremamente fruibile, troviamo le loose parts al centro di progetti di espressione artistica, di riciclo creativo e di tinkering.
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